XV) e sosteneva che la battaglia già vinta nel campo della metafisica doveva trasportarsi e vincersi anche nel terreno della scienza fisica. Nell'Europa continentale il darwinismo non era meno osteggiato sebbene già in Germania ed in Italia un certo numero di naturalisti e di critici si fosse schierato nelle ancora scarse fila dei sostenitori dell'evoluzionismo, e mi basterà citare i nomi rispettabili di De Filippi (1865), Trezza (1865), Canestrini (1865), Delpino (1867) e Mantegazza (1868). Ma le ostilità maggiori venivano dalla Francia, cioè da dove le due scuole fin dai principii del secolo s'erano sempre trovate di fronte e dove la lotta era stata fatalmente decisa a favore del Cuvier. L'opposizione fatta al darwinismo dalla scienza francese fino a questi ultimi tempi è conosciuta da tutti: meno noti son forse gli attacchi che la teoria dell'evoluzione ha dovuto subire in Francia nelle aule universitarie e persino nelle sale dei tribunali. Sui primi del 1868, nel discorso d'apertura dell'anno giuridico, il procuratore generale Ducreaux proclamava che l'estendersi delle idee darwiniane era da annoverarsi fra le cause più sicure dell'aumento dei reati correzionali: accusa che rivelava soltanto però un aspetto dell'accanita e sistematica opposizione fatta ancora da certuni ai concetti della filosofia moderna in vista che essi costituirebbero la rovina della società e l'abbruttimento della specie umana!
Ma di queste ed altre simili argomentazioni antidarwiniane il tempo è già passato: il darwinismo trionfa in tutti i rami dello scibile, penetra nelle coscienze, sostituisce alle vecchie affermazioni dogmatiche un concetto più scientifico e positivo della vita, cangia l'indirizzo della storia e dell'arte, modifica le idee ed i sentimenti e si prepara per l'avvenire a produrre analoghe trasformazioni anche nei costumi e nelle leggi e nelle usanze.
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