Il modo con cui rispose ad alcuni suoi oppositori mette anche più in evidenza questo pregio del Darwin: citò i critici più acerbi e quelli stessi che lo derisero e lo offesero, traendone moltissimi dall'oscurità in cui sarebbero rimasti per sempre, ma non ebbe risposte amare per alcuno.
Dove i fatti non gli porgevano sufficiente terreno per procedere sicuro, seppe sempre arrestarsi e distinguere il dominio delle ipotesi da quello delle teorie: ma delle prime aveva l'opinione del Whewell (e lo citò a proposito della Pangenesi) che «le ipotesi, comunque in parte incomplete od anche erronee, possono spesso riescir utili alla scienza». Questa scienza fu per lui l'unico nume, e le sacrificò, sacerdote e vate a un tempo dell'avvenire, tutto ciò che può dare un uomo: vita, salute, tranquillità, sentimenti, ricchezze, agi e piaceri dell'esistenza sociale. Visse solitario quasi mezzo secolo, alla campagna, traendo eccitamento al lavoro là dove altri trova invece ragione di riposo: esempio rarissimo di attività instancabile fra tutti i pensatori, se si riflette alla lunghezza e costanza dei suoi studii, ma esempio veramente unico per riguardo all'immensa riforma che egli provocò e in parte condusse a termine.
Esercitò su quanti lo avvicinarono e lo conobbero una influenza straordinaria, non tanto per le doti cospicue della mente, quanto per la singolare bontà dell'animo. Verso tutti i lavoratori, ma specialmente verso i giovani, fu ognora largo di benevoli incoraggiamenti: la sua approvazione ha giovato assai ai moltissimi che a lui si dirigevano da ogni parte del mondo e che non attesero mai invano una risposta, un parere, un consiglio, di guisa che molte opere egregie degli ultimi anni furono inspirate da lui.
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