Io ricorderò fin che vivo la commozione che producevano in me, ancor giovane di anni ed oscuro, le prime lettere amichevoli ed incoraggianti di Carlo Darwin: certo, i sentimenti, che io provai nel riceverle e provo ora nel rileggerle dopo la sua morte, paionmi stimolo efficace a grandi opere per chi abbia avuto dalla natura i mezzi di produrle.
La sua amicizia personale ebbe, per coloro che la godettero, inestimabili pregi, sì che Tommaso Carlyle, il celebre storico inglese, dapprima assai sdegnato contro le teorie trasformistiche, parve ricredersi quando ebbe avvicinato il Darwin che ei giudicò (ed era tale da non ingannarsi) il più simpatico degli uomini. Il Darwin fu sempre di umore piacevolissimo e di grande prontezza di spirito. La sua conversazione colpiva per l'immensa copia di conoscenze che egli vi dimostrava: nulla gli riesciva nuovo, tanto profonda era la sua erudizione e così tenace la sua memoria. Ma questa forza potente di assimilarsi il materiale di quasi tutta la scienza non andò mai disgiunta dalle più modeste apparenze: egli dimostrava di portare attenzione a tutto, anche quando ciò gli riuscisse inutile, pur di risparmiare all'interlocutore la mortificazione d'aver detto cose futili o vecchie. Questa rara tolleranza delle opinioni e delle debolezze altrui, in uomo di tanta dottrina e di sì larga apertura di mente, costituisce, a mio avviso, la causa più potente dell'influenza personale del Darwin.
Fu amatissimo dalla famiglia, nella quale visse di continuo circondato dall'affetto della moglie e dalla venerazione dei figli.
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