Chi osserva quella nobile testa di vegliardo, non può a meno di notare lo straordinario sviluppo dei lobi frontali ed un'apertura così grande dell'angolo facciale quale soltanto gli artisti dell'antica Grecia raffigurarono nel divino volto di Giove. Ad onta di una apparente robustezza di corpo, la sua salute era da lunghi anni assai turbata: dal viaggio sulla Beagle egli aveva riportato un'ostinata dispepsia, che l'obbligò fin da prima a ritemprarsi le perdute forze nella vita libera ed aperta dei campi. Più tardi l'età gli recò triste dono d'una malattia al cuore, che angustiò i suoi ultimi anni e più volte fece star trepidanti i suoi cari per la gravità dei sintomi e per l'imminenza del pericolo. Fu infatti la causa della sua morte, che avvenne il 19 aprile del 1882, quando era appena entrato nel terzo mese del suo settantaquattresimo anno.
La salma di Carlo Darwin fu con immensi onori e per voto unanime dei suoi concittadini seppellita nella celebre Abbazia di Westminster, accanto alle tombe dei re e degli uomini più famosi dell'Inghilterra. La sua tomba è in mezzo a quelle di Livingstone e di Newton, e tocca quasi quest'ultima. Ciò è giusto, perché Isacco Newton e Carlo Darwin si completano a vicenda. L'uno spinse lo sguardo nelle regioni dello spazio infinito, e vi scoperse la legge di gravitazione che regola il moto eterno degli astri e l'originarsi dei nuovi mondi: l'altro scrutò per entro ai misteri del tempo, e vi trovò la legge di evoluzione, che coordina il moto incessante della natura organica con lo sviluppo di sempre nuove e più svariate forme viventi.
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