Basti indicarne uno
l'indissolubile nesso che il problema della prostituzione ha con quello del celibato
divenuto oggi una condizione quasi inevitabile per una folla di uomini e di donne
e che in una ideale loro anasessualità fisica e psichica riuscirebbe una sofferenza quasi intollerabile.
Nel 1875
quando Giuseppina Buttler iniziò il suo generoso
ma utopistico movimento contro la regolamentazione ufficiale della prostituzione
giudicandola una immoralità per lo Stato ed una degradazione per la donna
io non mi ribellai al contenuto ideale di quell'apostolato
che mirava in sostanza alla liberazione della donna da una vera schiavitù
ed oggi ancora dubito sull'efficacia e sulla opportunità etico-giuridica di quelle coercizioni; ma nella mia qualità di medico e di antropo-sociologo credetti mio obbligo di mettere in rilievo il lato fisiologico della questione
che la celebre agitatrice trascurava. Certamente se si pensa alle tristizie connesse a quei Regolamenti di Sanità si ha motivo per auspicarne l'abolizione; ma converrebbe che prima la mentalità individuale si perfezionasse fino al punto da indurre a rinunzie penose per l'egoismo in vista del Bene pubblico; ciò che può appena sperarsi in una Umanità futura
lontanissima.
Ed aggiungevo queste altre considerazioni pratiche. «I più robusti
i più validi
quelli che sentono più energicamente la voce imperiosa di natura
dovrebbero forse rinunziare alle soddisfazioni normali e seppellire o ingannare l'istinto? Se si abolisse la prostituzione regolare o regolarizzata
che è intanto una immoralità patente
libera
esposta alla luce e perciò controllabile
almeno entro certi limiti
per certi suoi inconvenienti che possiamo vedere e schivare
noi avremmo l'immoralità subdola
tanto più corruttrice
che si infiltrerà sempre più nella famiglia già abbastanza minata dai nostri costumi; allora
sì
che incorrerebbero nel pericolo le istituzioni cui diamo il massimo valore moralizzatore
famiglia
matrimonio
maternità
diritti di successione; insomma un male grosso invece di un male mediocre.
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