Poichè abbiam visto che l'amor venale
in sostanza
adempie nel corpo sociale una bassa funzione collegata ad uno degli istinti fondamentali dell'uomo
che esige
comunque
una soddisfazione
è necessario chiarire il problema e definirlo nettamente per non intorbidarlo con elementi estranei.
Alcuni chiamano prostituzione la «promiscuità sessuale»
che si suppone essere stata la forma primordiale delle unioni sessuali nella specie umana
almeno in taluni suoi gruppi; altri designa come tale la soverchia rilassatezza dei costumi
per cui le donne si concedono facilmente ai maschi. Ma queste definizioni non sono esatte: bisogna restringere il nome di «prostituta» a colei che fa commercio del suo corpo contro una mercede
che è per lo più pecuniaria
ma che può anche essere rappresentata da oggetti di valore necessarii per la sua esistenza in genere
per le sue arti di seduzione femminile in ispecie. E allora si pone il problema particolare sui caratteri individuali
somatici e psichici di quelle donne che nel corpo sociale si incaricano della funzione sessuale più su enunciata. Sono esse diverse dalle altre
che sotto l'impulso sano e normale della riproduzione della specie si uniscono soltanto all'uomo che le presceglie e che esse accettano per essere esclusivamente sue? Si può già presupporre
almeno in via astratta e sintetica
che qualche cosa di profondo e di intimo
di «costituzionale»
come diciamo in Medicina
distingua la donna destinata al compito superiore della maternità da colei che si destina preferibilmente a soddisfare
con indifferenza quasi di scelta
i desiderii puramente sensuali dei maschi.
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