Per tradurre il presupposto in dato di fatto sopraggiunge la Scuola antropologica Italiana
la quale checchè si dica
non invecchia mai se non nelle parti esuberanti e caduche
ma resta solida nei suoi concetti fondamentali perchè sono il frutto della spregiudicata osservazione dei fatti. Essa ci disse già che la classe sociale delle vere mercenarie di amore
di quelle donne che si senton «nate» per la gioia dei maschi
«femmine da conio» nel Poema Dantesco
«femmes de joie» o «donne di piacere» nel linguaggio comune
offre in massima caratteri di inferiorità
sia nel corpo
sia ancora più nello spirito.
A prima vista si dovrebbe credere che per esercitare codesto mestiere sieno necessarie qualità estetiche somatiche
come il mito e l'arte assegnarono a Venere
la Dea un po' volubile dell'amore. Ma l'indagine scientifica non lascia illusioni su questo punto. L'elenco delle stimmate suaccennate di inferiorità
cui si dà il nome
più o meno giusto
di «degenerative» (non poche
come dimostrò Tarde
sono però professionali
ossia acquisite e non congenite)
sveglierà in chi lo legga una profonda impressione. Senza alcun dubbio la donna mercenaria per lo più è una creatura morfologicamente mal costrutta
dotata di un ancor più basso potenziale psichico: nella gerarchia dei valori sociali essa va ad occupare i gradini sottostanti alla normalità
e quasi si direbbe che per renderla più adatta alle funzioni esclusivamente sociali
essa perda una certa parte dell'attitudine alle funzioni biologiche del suo sesso.
| |
Scuola Italiana Poema Dantesco Venere Dea Tarde
|