Se nei primi sei gironi sono puniti gli incontinenti che non seppero resistere a tutti gli appetiti della gola e della voluttà
o che cedettero ad accessi collerici
o che ammassarono o sperperarono inutilmente la ricchezza
per compiacere ai più atavici loro istinti
o per esagerare ed eludere l'istinto appropriativo così radicato nell'uomo; se nei successivi gironi dell'alto Inferno stanno tutti i violenti
che non esercitarono freno alcuno sulle proprie tendenze dannose contro il prossimo
contro sè stessi
contro Dio
contro natura e contro l'arte
più giù
in questo medio Inferno
dove siamo discesi
stanno i criminali fraudolenti.
Nei peccati e delitti di frode esiste
secondo Dante
una reità maggiore che in quelli di violenza
poichè essa nasce nell'uomo dal mal uso dell'intelligenza
di cui soltanto l'uomo sarebbe dotato secondo la vecchia dottrina psicologica dei teologi e dei filosofi spiritualisti
i quali negano all'animale l'intelletto stesso
attribuendogli soltanto l'istinto. La frode «è dell'uomo proprio male»
perchè soltanto egli
l'animal rationale di San Tommaso
è in grado di dirigere volontariamente il suo intelletto verso il male. Ma questo concetto Dantesco non corrisponde più ai progressi della psicologia comparata che
sebbene ancora incerta sulle origini e sulla natura dell'istinto
riconosce anche agli animali la capacità di dirigersi con intenzione verso una determinata finalità
mentre d'altra parte non vede più nell'istinto la immutabilità rigida e fatale di una volta: lo vede anzi variare negli individui a seconda delle circostanze della vita.
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