Ma ad altre osservazioni psicologiche si presta l'Inferno Dantesco. In primo luogo c'è da distinguere i peccati a seconda dell'energia di volere nel peccatore. Dei sette
uno
cioè l'accidia
è negativo
e consiste nel non volere abbastanza fortemente il bene
nel non odiare il male: Dante punì gli ignavi
facendoli correre ignudi nel vestibolo dell'Inferno sotto le punzecchiature di mosconi e vespe. Gli altri sei peccati sono positivi
giacchè si risolvono nel volere e nel fare il male; e questi egli colpì collocandoli nel vero Inferno.
Inoltre
si può delinquere per un continuato atteggiamento
diciamo così
costituzionale dell'animo come avviene nella lussuria
gola
avarizia ed ira; o per mancanza temporanea
contingente
di inibizione sui proprii impulsi. I primi sono i peccatori statici
nei quali il male agire è sempre in potenza
poichè derivante dal carattere che infligge alla loro condotta personale una peccaminosità sempre pronta a palesarsi; e Dante li ha collocati al disopra
nell'alto e più vasto Inferno
i cui limiti sembrano tracciati dalla città di «Dite» o città del fuoco. Al di là delle sue mura
«nella terra sconsolata»
vengono puniti i peccatori in atto
cioè quelli che portarono propriamente la loro reità nella sfera sociale
trasmutando così la delinquenza dalla potenzialità alla attualità
obbiettivandola dal di dentro al di fuori
ossia
come diciamo noi psicologi moderni
dal loro io interiore all'io sociale.
Ricordiamoci che nella evoluzione della coscienza umana il nucleo centrale è costituito dagli istinti biologici che l'uomo ha comuni con gli animali: essi eccitano quelle tendenze ed azioni che servono al soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell'essere vivente
quali le funzioni nutritive e riproduttive
che corrispondono alla conservazione e protezione dell'individuo e alla propagazione della specie.
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