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      Noi troveremmo che in certe scene esse riescono intollerabili non già perchè feriscano il pudore (abbiamo un teatro abbastanza scollacciato!) ma perchè quel modo di offenderlo parrebbe oggi troppo grossolano e perciò antiestetico.
      Giova infatti osservare che in nessun altro campo dell'attività umana sono così mal definiti i limiti tra l'etico e l'estetico come lo sono in quello della sessualità. Qui si effettua attraverso i secoli una continua e curiosa interazione tra la Morale e l'Arte; ma in sostanza è questa seconda che quando è grande imprime all'altra le sue tendenze e ne modifica le aspirazioni ed i principii. La Venere nuda di Prassitele posta sugli altari risponde ad un concetto morale essenzialmente diverso da quello che ha per manifestazione artistica la casta e semivelata figura della Vergine Maria. Ma ecco che il Poeta non ci disgusta se accanto a questa mette la figura della ignuda Dea al bagno se scrive le sue frasi più licenziose presentandoci una mercenaria di amore e se in compenso ci inspira sensi di pietà verso l'adultera così fieramente colpita dalle Leggi Medievali quando ci descrive in terzine immortali l'impeto della passione che avvicinò le bocche frementi dei due innamorati di Rimini.
      Tutto ciò sia detto in onore di quel Grande che seppe individuare il suo pensiero etico-religioso fra le riprovazioni eccessive dell'epoca sua. Ancora a quei tempi l'adulterio e la sodomia erano reati punitissimi: se gli adulteri non venivano più seppelliti vivi nè decapitati (sebbene qualche potente di allora tradito dalla moglie si vendicasse col sangue) perduravano però le pene infamanti quale la pubblica fustigazione a dorso di asino e a corpo ignudo attraverso le vie della città. Dante assorbì in parte queste opinioni del suo tempo e non potè a meno dal trasferire nella sua scala di valori etici il precetto «non desiderare la donna d'altri»; però fu abbastanza mite contro l'adulterio.


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Sessualità umana
di Enrico Morselli
Editore F.lli Bocca Torino
1931 pagine 209

   





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