Ma il Medio Evo Cristiano sentì tutta la impudicizia di questo ufficio intermediario
e divenne assai più austero nel valutarne la immoralità: in molti paesi gli intermediari prezzolati d'amore erano gravemente puniti con la pubblica fustigazione o con altre pene altrettanto obbrobriose. Ora
Dante nel collocare i prosseneti nella prima bolgia si attenne a questa riprovazione del suo tempo.
La seduzione è appaiata nell'Inferno Dantesco al lenocinio e posta sotto la frusta dei demoni; come reato
in alcuni Codici e negli usi giudiziarii di alcuni popoli
all'infuori del nostro
viene colpita quando assuma la figura della mancata promessa di matrimonio; in qualche paese poi si concede anche la ricerca della paternità. Dante volle collocati nell'Inferno medio tutti quelli che ingannano le donne «con segni e con parole ornate». Se però nell'epiteto di «giovinetta»
con cui egli ci indica l'ingannata reginetta Isifile
si dovesse vedere un sinonimo del nostro «minorenne»
il peccato punito in Giasone che la ingannò
corrisponderebbe presso a poco al reato di corruzione
come è considerato presso noi.
Dante fa punire da Dio il seduttore in genere
colui che induce la donna all'amplesso
simulando una passione non sincera
o esagerandola se c'è realmente
blandendo la donna con promesse lusinghevoli
fors'anco in quel momento sincere
ma tendenti ad ottenere il possesso anticipato o irregolare della persona amata a soddisfazione del senso
prima senza riflettere alle conseguenze dell'atto
lasciandole poi tutte a carico dell'incauta.
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