Nella medesima bolgia
colla tipica «femmina da conio»
Dante immerse dei dannati
il cui peccato viene indicato in modo abbastanza oscuro da uno di essi:
le lusingheond'io non ebbi mai la lingua stucca.
Io credo che qui i commentatori errino in maggioranza nel ritenere che il peccato di Alessio Interminelli
punito in una bolgia prossima a quella dei due reati sessuali di ruffianeria e di seduzione
e nella bolgia medesima ove si trova rappresentata la prostituzione più sfacciata
sia l'adulazione semplice
consistente nel secondare e solleticare l'altrui sentimento di vanità
nel blandire la potenza e l'opulenza. Sono invece con l'on. Rosadi propenso alla tesi che gli adulatori castigati dal Poeta sieno artefici pur essi di dolo a detrimento della donna
non escludendo però che essi per loro vantaggio esercitino la stessa arte ingannatrice verso coloro
o ricchi o dominanti
dai quali si aspettano protezioni o favori.
Osservo che nella famosa terzina in cui Dante riassume i peccati puniti nelle Malebolge
egli ripete il già citato termine di «lusinghe»
ma vicino ai lusingatori pone «chi affattura». Cosicchè si potrebbe supporre che l'affatturamento Dantesco sia il così detto fascino
ossia quella manovra melensa (fattura)
cui ancora ricorrono i creduli per propiziarsi l'amore della persona timidamente o segretamente o sospettosamente amata. In tal caso
«lusingare» e «affatturare» non mancherebbero di un rapporto con la sessualità. Mal si comprende
a dire il vero
come Dante sia stato così severo contro l'adulazione
se non ammettendo che egli vi abbia veduto un elemento più peccaminoso
affine agli altri peccati delle due bolgie prossime: ciò che parrebbe giustificato anche guardando al personaggio
che egli scorse immerso nella lordura e che era uomo di notoria galanteria.
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