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E veniamo all'ultima figura del gran quadro Dantesco
a quella Taide
la cui presentazione
se ha un po' scandolezzato certi commentatori
rimane non soltanto stupendo esemplare di plasticità descrittiva giammai raggiunta da altri poeti in così breve volger di frasi
ma affermazione coraggiosa del diritto dell'Arte alla sincerità ed alla libera rivelazione del reale.
Appresso ciò lo duca: «Fa che pinghe»
Mi disse: «un poco il viso più avante
Sì che la faccia ben con gli occhi attinghe
Di quella sozza e scapigliata fanteChe là si graffia con l'unghie merdose
Ed or s'accoscia
ed ora è in piedi stante.
Taide è
la puttana
che risposeAl drudo suo
quando disse «Ho io grazie
Grandi appo te?»: - «Anzi meravigliose!»
E quindi sien le nostre viste sazie».
Quest'ultimo verso del Canto XVIII ci dice che i due Poeti
percorrendo le prime bolgie ove stava raccolta tanta viltà umana e tanta sozzura morale
ne avevano l'animo disgustato e sazio fino alla nausea.
Dante è stato accusato
e non a torto
di avere prescelta una figura di fantasia
anzi di avere sbagliato nell'attribuire la frase da lui così vivamente rimproverata. Taide è un personaggio principale
se non la vera protagonista
dell'Eunuco di Terenzio (non già del solo terzo atto
come erroneamente scrivono alcuni commentatori
che non sono saliti alle fonti!); abbiamo qui il vecchio intreccio
in cento guise variato
ma un po' stupido
di Menandro. Taide è la solita etaira greca
di non alta classe
che viene disputata fra due amanti
un giovane ricco ed un soldato pieno di boria
il tipico miles gloriosus della commedia antica e popolare.
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