Questo punto fu ampiamente illustrato dal mio distinto collega
Prof. Gino Arias. L'idea direttrice del Poeta è ancora la vendetta
che però dall'individuo ei trasferisce al corpo sociale o a Dio
col significato di Giustizia punitiva; e la vendetta si compie col metodo pratico del taglione
diventato nella mentalità medioevale il così detto contrapasso (Dante ne fa cenno in Inf.
XXVIII
v. 142). Anche nella Bibbia domina il medesimo criterio del castigo divino.
Osservo che le pene Dantesche hanno più spesso un contenuto simbolico
pur ripetendo quel principio antichissimo
e ancora vivo oggi nella coscienza popolare
del taglione. Così gli ignavi dell'Antinferno non possono star fermi
come rimasero in vita nella inerzia di volontà
ma corrono ignudi punzecchiati da insetti; i lussuriosi
quali i due adulteri Paolo e Francesca
sono travolti da una bufera
che rappresenta la violenza della loro passione; gli avari son condannati a voltar pesi col petto
ma senza finalità alcuna
come in vita inutilizzarono le ricchezze accumulate... E così via via.
Anche i castighi delle due bolgie da noi percorse hanno una origine ed una significazione consimili. Che se i seduttori ed i lenoni camminano a due file in senso inverso
sorvegliati e percossi con sferze da numerosi demoni; e se gli adulatori e le prostitute lusingatrici se ne stanno immersi nello sterco umano
evidentemente la pena dei primi fu tratta da costumi medioevali
cioè dalla pubblica fustigazione; la pena dei secondi invece è imaginata per uno schietto simbolismo.
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