Certo, queste non si risolvono tutte nell’animismo secondo la vecchia opinione del Tylor: però una buona parte ne sorse dal timore e dal culto dei morti; e in codesti sentimenti universali e nei riti che ne derivano vi è, non tanto il senso dell’Occulto, del tenebrosissimo Al di Là; quanto un sentimento di pena nello imaginarsi il fatto stesso del morire. Soltanto gli uomini privi di coscienza superiore, gli idioti e i dementi, come non hanno più il senso della Vita e del Pensiero, così mancano o hanno perduto il timore della Morte: indizio del dissesto più profondo della umana coscienza, sul quale non so, o non ricordo, che gli alienisti abbiano mai portata la loro attenzione di psicopatologi.
Certi filosofi, psicologi e fisiologi ci hanno voluto porgere un conforto, assicurandoci che il morire non arreca pena; ed anni fa, essendo di moda disputare su questo tema, a proposito della teleologia dell’Evoluzione il grande naturalista inglese Alfredo Russell Wallace, da convinto spiritista qual’era, assicurava che il passaggio da vita a morte è quasi indifferente! Egli parlava, è vero, specialmente degli animali, affermando che "la morte la più violenta e la più subitanea è per essi anche la migliore", sia che cadano sotto i denti di un carnivoro, sia che, ancora peggio, siano sacrificati dall’Uomo, cioè dalla più crudele fra le creature. Ma la tesi era un po’ ardita sotto l’aspetto psicologico, giacchè, se già ci è difficile capire quello che avviene in un’altra coscienza umana e perfin nella nostra, siamo poi del tutto incapaci di penetrare nella coscienza animale, se non per induzione analogica.
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