In Roma repubblicana e cesarea il suicidio per svenamento in un bagno appariva una moda, non solo stoica, ma gradevole di morire. La moglie di Arrio Peta, dopo essersi pugnalata, per stimolare il marito ad imitarla gli avrebbe pórta l’arma suicida, dicendogli "Non duole". Così, nel romanzo Les Amants, di Paolo Margueritte, che stavo or ora leggendo, una vecchia positivista, "della scuola del Littré", entra in agonia con questa incoraggiante e stoica frase: "On ne souffre presque pas!". Ma quel "presque" come il "quasi" del Wallace, indica diggià un prudente riserbo nello scrittore!
Documenti di tal genere sono, dunque, sospetti. Chi sopravvive ad un infortunio, ma non andò fino all’estremo passaggio, non può dircene nulla, come chi si ferma sotto il portale di un tempio tenuto al buio, e che buio!, non sa descrivercene l’interno. E poi, la morte, questo sonno eterno, riman fuori di ogni potere della nostra introspezione, dato che questa è perfino incapace di assicurarci la esattezza del più recente e semplice ricordo della veglia. Obiettò giustamente il Sollier che l’imminenza del pericolo pone i soggetti soltanto davanti alla idea, non al fatto della morte. Bisogna invece esaminare il morire, non di chi in piena salute si trova esposto a rischio improvviso, e neanco del suicida che volontariamente gli va incontro; bisogna studiare i casi più comuni: la morte per vecchiaja o per esaurimento; quella per malattie croniche e lente, e quella per malattia acuta rapidissima o per inaspettato disturbo fisiologico.
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