Ora, chi è proprio passato nell’Al di Là non torna a narrarcene il come, neanche al tavolo degli spiritisti, che pur hanno interrogato in proposito tanti "disincarnati", non ottenendone che vaghe e ben prevedibili volgari fantasticherie.
Una descrizione assai ben fatta delle ultime sensazioni dei moribondi si legge nello strano romanzo di Paolo Hervieu, L’Inconnu (al Cap. VIII): il protagonista semplicemente svenuto, ma creduto morto, assiste senza potervisi opporre nella sua immobilità pseudocadaverica, ma protestando nel suo intimo, alle pratiche che si usa fare sui cadaveri degli appena spirati, chiudendo loro successivamente le varie sorgenti di sensazione: vista, olfatto, udito... L’illustre scrittore, oltre a prodigare in quelle pagine tutte le malìe del più puro stile letterario, vi dà esempio di una rara finezza psicologica. Io ho descritto anni fa una varietà terribilmente penosa di ossessione fobica: l’idea fissa, angosciosa, di potere essere seppellito vivo, cioè la "tafefobia"; in verità non si legge quella bellissima pagina dell’Hervieu senza rabbrividire di angoscia tafefobica!
Ma il romanziere psicologo ha indovinato un fatto di pura biologia: non si muore mai "tutti" ad un tratto; il così detto "momento", della morte dura di certo "parecchi momenti". Marinesco ha veduto che i reflessi cutanei sono i primi a sparire nell’agonia, indi i tendinei; ciò vuol dire che i centri nervosi non muoiono simultaneamente. Dispare la eccitabilità reflessa del cervello, persiste invece la eccitabilità reflessa del bulbo e della midolla spinale; i nervi e i muscoli continuano a presentare la eccitabilità meccanica (ed elettrica?
| |
Paolo Hervieu Inconnu Hervieu
|