Avremo pertanto da esaminare diversi aspetti della questione, ma lo faremo con la maggior possibile brevità.
Pare impossibile che un accenno di questa compassione per i morenti, e dell’impulso ad abbreviarne le pene, ci venga dalla storia e dalla evoluzione della guerra. Presso tutti i popoli primitivi, forse tra i preistorici Heidelbergensi e Neanderthaliani, certamente presso i selvaggi dell’Australia, dell’Africa, dell’America precolombiana e perfino della post-colombiana, e anche presso molti popoli che fanno parte della Storia classica universale, Egiziani, Caldei, Assiri, Ebrei, Greci, Trojani, Persiani, Romani, Galli, Germani, Goti, Unni, per lunghi secoli i feriti, specialmente fra i vinti, non trovavano mercè; ai loro urli e gemiti di dolore, alle loro suppliche di risparmiarli, alle loro imprecazioni, il vincitore rispondeva massacrandoli spietatamente; che anzi, presso i popoli cannibali non si aveva e non si ha riguardo di adoperare i feriti quale "carne da macello", portandoli senz’altro davanti al fuoco ed esponendoli con feroce indifferenza a lenta cottura!
Lasciamo incerto il significato psicologico del celebre gesto del "pollice verso", col quale nei Circhi Romani il gladiatore caduto sull’arena era condannato ad immediata morte; nei più degli spettatori e delle spettatrici, avvezzi a quelle carneficine, epperciò poco compassionevoli, avrà prevalso il feroce piacere di vedere come si moriva, ma non è escluso che in certi casi la pietà verso gli agonizzanti spingesse ad esigerne una più sollecita fine.
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