Incerto alquanto nel domandarsi se in fin dei conti l’eutanasia non sarebbe la "carità suprema", è stato Giulio Régnault qualche anno fa; però ripeteva il titolo feroce. Ora, "assassinio medico" è un pessimo battesimo; poichè anche nella terminologia giuridica francese la figura dell’"assassinat" implica gli elementi aggravanti della premeditazione e dell’agguato o per cupidigia, o per vendetta, o per altri fini egoistici consimili: si sarebbe dovuto dire "meurtre", che significa, in ogni caso, omicidio semplice, in quanto si sottintendono allora motivi anche legittimi, come la difesa personale, l’atto passionale di chi difende il proprio onore (per es., nell’adulterio). Nel caso nostro, motivo, se non legittimo, certo scusabile fino ad un dato punto, sarebbe la commiserazione.
Forse, nel battesimo del Guermonprez viene alluso alla uccisione, questa volta premeditata, o (direbbe Appiano Buonafede) "ragionata", dei vecchi impotenti, degli infermi riconosciuti incurabili, degli idioti e dementi, dei mostruosi, ammesso che il principio dell’eutanasia, dalla sfera dei sentimenti pietosi, quasi tutta racchiusa nei limiti dell’azione di famigliari o amici o camerati, dovesse passare nella sfera degli interessi collettivi di tutela spartana della specie, di rigenerazione della razza, come domanderebbe un’Eugenetica spinta agli estremi delle sue finalità. Ma anche allora, esulando dall’azione omicida od eliminatrice ogni interesse privato di carattere egoistico, anzi essendovi la motivazione ideale di un miglioramento fisico e psichico della collettività, che ne verrebbe liberata dai suoi inutili o perniciosi sub-valori sociali, non si potrebbe mai usare la qualifica denigratoria di "assassinio"; sarebbe il momento di parlare di "selezione sociale" ottenuta coi metodi più rapidi e decisivi.
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