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Morte liberatrice.
Nella Bibbia, che omettendo le troppo frequenti manifestazioni di una semi-barbarie etnica parecchie volte millenaria nella sua parte storica, è invece in quella poetica il vero "libro dei libri", si legge che Giobbe, colpito senza alcuna sua colpa o demerito dall’ira di Dio, e fatto esempio immortale agli uomini di quel che possa essere la forza d’animo fra le miserie dell’esistenza, steso sul suo letamaio, coperto di piaghe schifose, impoverito, tradito, schernito, esclamasse per confortarsi: "Homo natus de muliere, brevi vivens tempore, repletur multis miseriis", ma da eroe, da stoico non pensava a liberarsene colla morte. Affrettare la fine delle proprie pene è infatti una ribellione, per il credente, contro Dio che crea, predispone e vuole il dolore, mentre pel miscredente è una rivolta contro la Natura, le cui leggi inflessibili pongono il Male fra le condizioni indispensabili dell’Essere e intercalano la Morte individuale come anello necessario nella circolazione eterna della Vita universale.
La malattia è lesione o disintegrazione dell’essere corporeo, ed è perciò sempre o quasi sempre accompagnata dall’elemento dolore. Un medico di altissimo ingegno, un maestro della penna, che univa alla vasta coltura biologica una magìa vera di scrittore, un precursore in molte indagini sperimentali odierne, un vero apostolo della Scienza della Vita - nomino Paolo Mantegazza - ci ha lasciato un libro di divulgamento scientifico, La Fisiologia del Dolore, che non ha avuto continuatori nè imitatori, e che io vorrei fosse letto da tutti i medici della nuova generazione perchè contiene pagine di raro acume analitico e dettami di elevatissima morale.
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