Nello stesso campo neurologico vi sono malattie spaventose nella loro implacabilità; le quali provocano fino all’ultimo o almeno per lunghissimo tempo dolori acerrimi, insopportabili, senza remissione, senza possibile difesa. Tali sono in molti casi l’angina di petto, le convulsioni della rabbia o del tetano, lo stritolamento o le fratture della colonna vertebrale, le ferite con sezione totale od emisezione, nonchè certe affezioni croniche del midollo, il carcinoma delle vertebre, certe sifilidi meningitiche e cerebrali, alcuni tumori dell’encefalo, massime nella fossa anteriore.
Abbiam visto come lo spettacolo degli sforzi fatti da un organismo morente per conservare il supremo alito di vita, inducesse i pensatori positivisti Inglesi del XVII Secolo a pretendere il diritto di accelerarne la fine. Tutte le agonie sono terrificanti se il malato non ha del tutto perduta la coscienza od ha ancora sufficiente potere di resistenza. Tale è particolarmente il caso degli individui sani colpiti da improvviso trauma, caduti dall’alto o schiacciati da un pesante veicolo, da una frana, da una valanga; dei giovani ancora forti e robusti, atterrati da un colpo di coltello o di fucile; degli stessi fanciulli, nei quali tutti la vita è nel suo vigore e sembra disposta a resistere unguibus et rostris alla imminente Nemica. Come non compiangerli, sapendoli destinati fatalmente alla morte; come non correre col pensiero alla loro liberazione più sollecita e sicura! Quante madri, quanti padri, ascoltano con angoscia e spasimo atroce il grido monotono del loro bimbo che muore per meningite o per idrocefalo, e non ha peranco offuscata la coscienza così da versare in quel torpore che già sa di morte, e da non più avvertire la pressione che il processo morboso esercita sulle terminazioni dei nervi endocranici sensibili!
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