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      In tutti questi casi, c’è da augurare ai poveri infermi, o l’incoscienza della demenza assoluta, o anche un morbo letale incidentale che soppraggiunga a liberarli da tanta desolazione.
      Bisogna intanto rilevare che nella grandissima maggioranza, nella quasi totalità, gli ammalati gravi, o aggravati, quando abbiano il conscio pensiero della prossima fine, o le famiglie, quando veggono spegnersi un loro caro, domandano insistentemente alla Medicina di fare il possibile per prolungare quella esistenza in pericolo. Nessun medico si rifiuterà allora a tale opera di pietà, anche se ha la convinzione scientifica di nulla potere, e forse anche se sa che i mezzi di cui dispone varranno soltanto ad allungare di pochi istanti quella impari lotta della Vita contro la Morte. Nobilissima la già ricordata risposta di Desgenettes al Bonaparte: ma non pare che fosse appropriata al caso miserando di quei poveri militari appestati; nel medico dell’Armata di Siria, più del biologo, parlava lo specialista chirurgo, conscio fin d’allora delle vite salvate con sapienti tagli, o con previdenti legature vasali, o con restauratrici operazioni.
      Se la Medicina, come Igiene, si propone di conservare la salute e, come Terapia, di restaurarla, nel che si esauriscono tutti i suoi sforzi, dato pure che a tale programma sacrosanto non corrisponda sempre il suo potere, è dubbio assai che in caso di morte imminente essa possa tardarne molto l’avvento, possa poi "allungare la vita" in forma sodisfacente restituendole qualche po’ del benessere derivante dalla sua attività funzionale.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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