Io sono anzi quasi certo che contro quei mali inesorabili, che attentano alle fonti medesime della energia vitale nell’individuo, noi siamo del tutto impotenti. Non si vorrà certamente credere che delle iniezioni di muschio, di caffeina o di olio canforato (queste ultime venute oggi di moda in ogni evenienza ed usate talvolta senza criterio!), abbiano la forza di allontanare l’inevitabile momento. In un canceroso, in un tubercoloso corroso dai bacilli, in un dissanguato, in un paralitico all’ultimo stadio del marasma, quali mezzi possiede la Scienza medica per trattenere la fiamma vitale, più di quanto le concedano i miserabili poteri di un organismo in via di dissoluzione?
*
* *
Morte eliminatrice.
Accanto al grande gruppo dei sofferenti, ai quali la coscienza del dolore strappa l’esasperato grido richiedente la fine, o ai quali la pietà del medico o dei congiunti applicherebbe il verdetto di morte, ecco presentarsi il pur numeroso stuolo degli individui messi da matrigna Natura fuori del consorzio civile, o per mostruosità e imperfezione del corpo, o per assoluta cecità congenita di mente, o per definitiva perdita di ogni facoltà di pensiero e di sentimento.
Qui il problema medico-sociale s’intreccia con quello bio-antropologico della selezione umana; un rigido concetto della Dottrina dell’Evoluzione lo ha fatto penetrare da qualche anno in Sociologia. Si tratta di sapere se non sarebbe vantaggioso alla specie umana lo sbarazzarsi di tutti quegli esseri che di comune accordo sono collocati e descritti nel vasto, proteiforme capitolo della Degenerazione.
| |
Scienza Natura Dottrina Evoluzione Sociologia Degenerazione
|