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      Ma ecco che dalla soppressione degli individui che arrecano nocumento coi loro atti delittuosi alla Società civile e dai quali bisogna difenderla, scaturisce per nesso logico il problema del gravame che arrecano alla Società medesima tutte le ancor più numerose caterve di individui resi inutili da malattia incurabile e dalla età o fino dalla nascita o dopo un più o men lungo periodo di utilizzazione sociale. Forse negli antichi tempi, anche presso i nostri lontani antenati preistorici, doveva vigere il costume che tuttora conservano molte popolazioni barbare e selvaggie, le quali, per sovvenire ai bisogni vitali dei sani e dei giovani, sacrificano senza pietà quei membri della tribù che la infermità o la vecchiaia hanno ridotto nella impossibilità di aiutarla col lavoro a vincere le quotidiane difficoltà dell’esistenza. Non dovremmo noi pure adottare, con ritorno atavico e a tutela dell’economia pubblica e privata, un provvedimento così radicale? A chi trascina una vita grama, fatta di sola miseria fisica e psichica, o viene così a costituire una zavorra, non soltanto improficua, ma dispendiosa per la collettività, non sarebbe opera previdente applicare una procedura eutanatistica?
      La malattia viene definita dai patologi: "la reazione dell’organismo alle cause morbifiche" (Roger), e il suo esito è di tre specie: la guarigione, con ritorno alle condizioni fisiologiche dell’organismo e ricupero della validità corporea e psichica; il passaggio a stato cronico, con invalidità più o meno grande, totale o parziale dell’organismo che ne rimane sempre esageratamente sensibile ad altre cause morbose; la morte.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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