Maurizio Brissot, protestando sulle Annales Médico-Psychologiques contro questa proposta, non abbia avuto ragione nel vedervi quella mancanza di sentimentalità e quel predominio spietato dell’egoismo che, a suo dire, caratterizzerebbero la mentalità Tedesca.
Nelle motivazioni di Binding, ma specialmente di Hoche, si scorge una crudezza di espressione che offende ogni nostro senso di umanità; noi Latini non perdiamo mai il senso della misura, ed anche nelle dichiarazioni delle più penose esigenze sociali pensiamo e parliamo sempre in astratto, non così in concreto. Poichè se si dovessero prendere alla lettera le affermazioni di Hoche, l’apprezzare il diritto individuale all’esistenza sul puro, materialistico criterio del "rendimento di lavoro", importerebbe una vera decimazione nel corpo sociale!
Certo si è che, riguardo agli alienati cronici, il criterio della inutilità e quello del soverchio carico economico per tenerli in vita, si sono radicati nel pensiero degli eutanatisti, specialmente Tedeschi. L’Hoche non si perita dallo scrivere che tutti questi sventuratissimi "non meritano di seguitare a vivere e a pesare sui sani: essi hanno acquistato il carattere di veri corpi estranei alla società umana; sono contraddistinti da una assoluta mancanza di qualsiasi produttività; sono ormai incapaci di tirarsi da sè fuori di ogni impaccio, di aiutarsi con le proprie energie; e hanno bisogno di essere assistiti da altri". Perciò la loro soppressione, agli occhi di questo straordinario medico dei poveri pazzi, "non è un delitto, non è neanche un’azione immorale, non è affatto una crudeltà, ma bensì un atto utile e permesso (o da permettere)"... "Non si lede, soggiunge egli nella sua logica fredda ed inesorabile, nessuna volontà di vivere allorquando si mette a morte una psiche che non è in grado di manifestare questa volontà. Dal momento che non esiste sofferenza, non si deve più avere della pietà".
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