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Si è detto che questo passaggio conquide per la magìa dello stile e per l’armonia della frase; io dico invece che, prescindendo dalla magnificenza della forma, Maeterlinck vi fa mostra di una volgare mancanza di criterio scientifico e sociologico. Poeta stupendo, scrittore suggestivo nel suo simbolismo ad oltranza, egli mi ha sempre profondamente commosso alla lettura od alla rappresentazione delle sue opere tragiche; non conosco forse nel Teatro moderno nessun’opera che valga l’Intrusa o i Ciechi o la Morte di Tintagile, dove si sente alitare lo spirito di Shakespeare. Ma quando il poeta belga vuol fare della filosofia o della scienza, come in questo libro sulla Morte, o in quello sul Silenzio, o nel Tesoro sepolto, o, peggio ancora, nelle Api, il suo pensiero oscilla e si sperde fra le nebbie di una metafisica semi-mistica. Filosofia un po’ da salotto, come la psicologia di Paolo Bourget.
Ma perchè (mi domando fin d’ora), perchè dovremmo, noi medici, incaricarci della triste bisogna di uccidere i pazienti? Dovremmo proprio noi troncare i presunti spasmi e terrori dell’agonia, noi spingere nella pace eterna chi sta per lasciare la vita? E toccherebbe poi agli alienisti sgombrare i Manicomi e sbarazzare le pubbliche Amministrazioni del peso di tanti dementi, paralitici, epilettici, idioti, o incoscienti o caduti in marasma? Per identica funzione sociale i medici dovrebbero anche assumersi la responsabilità di abbattere tutti i nati con deformità del corpo e dello spirito, condannati fino dalle fasce ad una esistenza infelice?
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