Forse il tessuto nervoso sarà l’ultimo a dare questi prodotti auto-tossici, perchè esso possiede una resistenza singolare (acquisita per selezione naturale, non per dono di Provvidenza!), e lo si vede nella morte per inedia, dove l’organo che meno perde di peso è per l’appunto il cervello; ma alla fine, la coscienza si ottenebra assai prima della dissoluzione della corteccia, bastando un lieve dissesto di questo delicatissimo tessuto per intorpidirla ed addormentarla. Il celebre clinico inglese Guglielmo Osler, nel suo bellissimo libro Science and Immortality, dice di avere tenuto conto del modo di morire di ben 500 dei suoi malati; orbene, i quattro quinti non hanno manifestato sofferenze nell’agonia: 90 però hanno sofferto dolori fisici, 11 dell’angoscia, 2 un vero terrore, uno si è mostrato eccitato, uno ha espresso del rimorso. Il Sicard sostiene perciò che grande è il numero delle morti serene, anche se la coscienza del moribondo è lucida; ma la immensa maggioranza degli uomini muore nella più perfetta incoscienza: ossia, quasi tutti, scompariamo, per nostra fortuna, nell’"eutanasia naturale".
Non si nega che esistano stadî preagonici dolorosissimi, ma il "passaggio" da vita a morte non appare realmente così atroce, come ci si raffigura. Tutti conosciamo le morti rapidissime indotte dalla narcosi chirurgica (per quanto siano in fondo abbastanza rare), allorquando o per una intolleranza individuale impreveduta ed imprevedibile il narcotico abbia colpito, assiderato i centri bulbari, o si sia praticata una cloroformizzazione troppo intensa o troppo prolungata.
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