Il Paléologue commetteva il solito errore di ritenere che la Medicina scientifica si senta capace di vincere la Natura. No: sia detto una volta per sempre: la Terapeutica non può scacciare dal loro dominio le forze naturali, non può modificare le leggi della Vita, che sono anche quelle della Malattia e della Morte: può talvolta contrastare al Male i suoi progressi; può togliergli fino ad un certo punto il carattere, che lo rende più insopportabile dalla creatura umana, quello di essere dolore; può rinforzare i poteri di resistenza dell’organismo; e tutto ciò è già qualche cosa nella lotta perenne dell’Uomo per conservarsi.
Prescindiamo dalle imperfezioni ed insufficienze della Terapia medicamentosa e fisica, che non vogliamo negare; ma se il male, per quanto gravissimo e mortale, è localizzato, accessibile ai nostri mezzi meccanici, ecco farsi avanti la Chirurgia, liberandone l’organismo prima che ne sia affievolito o infettato o intossicato irrimediabilmente: eccola raggiungere lo scopo di guarire. Talvolta è un trionfo per l’uomo dell’arte il poter prolungare la vita del suo operato per qualche mese ed anno. Noi non possiamo prevedere quali saranno le conquiste della futura Medicina demolitrice, restauratrice e modificatrice del corpo umano. Orbene, questa situazione dell’Arte sanitaria, in genere, impone silenzio ai pessimisti ed ai suoi detrattori; nello stesso tempo ci serve per oppugnare il principio di un’Eutanasia troppo largamente intesa, troppo liberamente adottata e sanzionata a solo scopo edonistico; essa si troverebbe esposta a veder sempre variare e sempre più restringersi la sua sfera di applicazioni, già di per sè fin d’ora abbastanza limitata.
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