Persino nelle infermità mentali aventi un assicurato fondamento organico, ad esempio nella onninamente infausta paralisi generale progressiva, si scorgono, non dico guarigioni con restitutio ad integrum, ma remissioni imprevedute, quasi prodigiose, allora quando si sarebbero giudicati disordinati per sempre i poteri superiori dello spirito. Quando poi si tratta di malattie mentali, di cui è ignoto per ora il substrato anatomico e delle quali si dice che il fondamento consista in un disturbo "bio-chimico" od "energetico", ogni prognosi assoluta è rischiosa; può anzi dirsi inconciliabile coi severi criterii della Scienza stessa. Anni ed anni può durare quel disturbo, arrecare danni in apparenza irrimediabili, colpire la memoria, l’ideazione, l’autocritica con le caratteristiche della dissoluzione più profonda; eppure, sotto tutta quella desolante sintomatologia, nascondere dei poteri insospettabili di riparazione, di riordinamento, di vera resurrezione spirituale.
Non v’è dunque sicurezza nelle prognosi: nè per la irrimediabilità del dissesto, nè per la durata dell’apparente annichilamento mentale; sarebbe fallace ogni determinazione cronologica in vista del futuro: tutto è qui relativo, non tanto per ciò che sono natura e grado sempre variabilissimi delle malattie, quanto per ciò che è persistenza tacita, latente, dei poteri di riabilitazione organica e cerebrale. E allora, su quali criterii basare la sentenza inappellabile di morte per chi avrebbe forse potuto poi riprendere le forze vitali e riacquistare lume sufficiente di ragione?
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Scienza
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