Senza dubbio, lo spettacolo di uno di questi infelici che giorno per giorno si consuma, per così dire, sotto i nostri occhi, che immerso nelle sue deiezioni scende ad un livello inferiore al bruto, che va illanguidendosi e spegnendosi senza bagliore alcuno di ragione: questo tristissimo fra tutti i quadri che l’esercizio della Medicina ci possa offrire, strappa dal fondo del nostro cuore un grido di orrore misto ad un impulso di rivolta contro il Destino, e ci fa balenare alla mente l’idea di farla finita con tanto avvilimento della persona umana. Ma intanto si sa o si suppone su buoni motivi che quegli infelici siano incoscienti e non avvertano l’abisso fisico e morale in cui sono caduti: e allora perchè privarli di quel resto di vita vegetativa?
Ma dato pure che in questi stati di malattia la coscienza sia o paia a noi ottenebrata fino ad esservi quella chiamata dai poeti la "notte dell’intelletto", noi dobbiamo fare due rilievi importanti dal punto di vista del giudizio eutanatistico. Il primo, di carattere medico e pratico, è che fra lo stato di assoluta apsichia ed alogia, quale noi vediamo nell’idiota assoluto e nel demente completo, e uno stato mentale, per quanto difettoso e svanito, pur tuttavia bastevole ad un grado minimo di convivenza umana, passano gradazioni insensibili, dove non è concesso segnare limiti netti; ciò metterà sempre in pensiero l’alienista coscienzioso. L’altro rilievo, di ordine biologico, è che il solo fatto di vivere in quelle miserrime condizioni intellettuali dimostra delle impulsioni originarie, degli "slanci" o istinti semiciechi, sia pure, ma ciò nullameno bastevoli per compiere quegli atti di difesa contro la morte che scorgiamo in tutti i viventi, anche nei più infimi, e nelle stesse piante; ora, un essere che vive non è mai materia bruta: d’altronde, perfino in questa una Scuola di filosofi panpsichisti suppone qualcosa di simile alla "coscienza". Ed ecco perchè, quando osserviamo nell’idiota e nel demente più avanzati di quegli automatismi, che noi diciamo inconscii, ma dei quali intanto ci è impossibile dire il vero contenuto, rimarremo sempre perplessi a meditare sul mistero della Vita; nè ci sentiremo propensi a votare senza un intimo fremito per la loro morte immatura.
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