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      I progetti Americani di Legislazione al riguardo citano dei giuristi di avanzato pensiero che non negano all’individuo ambedue i diritti sulla propria vita, quello di uccidersi e quello di farsi uccidere. Enrico Ferri è con essi: e certo l’opinione del valoroso penalista e sociologo ha per me molto peso; ma se la dottrina di tanta libertà corrisponde in astratto ai principî etici e giuridici sempre più dominanti nella coscienza dei popoli civili, restano in pratica più che mai valide le ragioni di dubbio che a me, come a tanti altri, si sono affacciate. Sta bene il diritto in ognuno di voler farsi uccidere: ma chi potrà considerare valido quel consenso e ritenersi legalmente investito della facoltà di accogliere e sodisfare quel desiderio? Dove termina il dovere fondamentale del rispetto alla vita altrui, e dove comincierebbe il diritto individuale di troncarla? Potrebbe dirsi sempre sano di mente un malato che domandasse la morte? Non è spesso il suicidio un motivo per dubitare della sanità mentale di chi lo ha effettuato?
      Per il giurista Binding l’eutanasia dovrebbe applicarsi a tre categorie di soggetti, due di veri ammalati, ed una intermedia. E sarebbero: 1° individui irrimediabilmente perduti in seguito a malattia o a ferita, come i cancerosi, i tisici condannati, i mortalmente colpiti, i quali, avendo coscienza del loro stato, concepissero il desiderio di esserne liberati e lo manifestassero in qualsiasi modo; 2° i dementi incurabili, o per vizio costituzionale o per lesione acquisita cerebrale; 3° quelle persone sane di mente, che avendo perduta la coscienza in seguito ad incidenti improvvisi fossero destinate a sicura morte, e che, se si risvegliassero, si riconoscerebbero in una condizione assolutamente disperata.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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