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Ma sempre in considerazione del lato giuridico, gli eutanatisti sostengono che il consenso abbia lo stesso valore dell’atto suicida. Se ogni individuo ha diritto alla integrità della sua persona fisica e morale da parte degli altri conviventi, avrà pure il diritto di rinunziarvi: il suicidio rappresenta, ormai per unanime consenso, la affermazione più assoluta di questo diritto. Oggidì si ammette che se esso lascia insoluto il problema della responsabilità religiosa verso Chi dai credenti si ritiene che dia la vita e la morte, la salute o la malattia, trova invece diggià risolto in senso liberale il problema giuridico e sociale dell’eutanasia volontaria. Se un sofferente di mali incurabili o di dolori fisici non sa nè può più sopportarli, niuno lo rimprovererà mai di liberarsene colla morte.
Nella mia opera sul "Suicidio" dimostrai che allora in Italia il 7-8% delle morti volontarie era motivato per malattie fisiche, in Francia dal 9 al 12%, in Prussia e Sassonia dal 5 al 7%, nel Würtemberg fino al 20%! La proporzione in generale è maggiore nelle donne, ciò che sta in rapporto, non ad una più squisita loro sensibilità, ma alla diversa proporzione dei motivi di suicidio. In trancia il Binet-Sanglé ha calcolato che su 45.000 suicidî ben 20.000 avvengono per insopportabilità di mali dolorosi e cronici. Uno di questi sopratutto conduce alla disperazione, pur dopo avere indotto nei pazienti un lungo, ingannevole periodo di euforia, ed è la tubercolosi; un altro è il cancro; e un terzo è la sifilide, che però in generale non provoca dolori.
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