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      Solo quando la Commissione avrà giudicato che quelle sofferenze sono davvero intollerabili (?) o che il male è incurabile, i tre Giudici potranno eseguire la estrema volontà del paziente e gli propineranno la morte col metodo che più addietro ho indicato. In caso contrario, il soggetto sarà inviato in un Ospedale, o ricoverato in un Istituto di Beneficenza, o internato in un Manicomio. Con che, però, a me pare che le sue sofferenze non verranno mitigate, bensì accresciute dal fatto di avere anche perduta la libertà di morire a modo suo!
      Abbiamo veduto in altro capitolo come fra gli Antichi il suicidio per intolleranza del male o della vecchiaia fosse comune e considerato per lo più con grande indifferenza, anzi spesso volte lodato: in alcuni luoghi concesso da un’Autorità speciale, in altri giustificato pubblicamente; chi voleva morire non tanto cercava di svegliare la commiserazione dei suoi concittadini, quanto di convincerli della ragionevolezza del suo atto disperato. Questo giustificarsi davanti alla pubblica opinione, questo appello al consentimento dei cittadini, come aveva fatto Albuzio Silo, mostra anche che fra gli Antichi l’eutanasia volontaria doveva avere dei limiti, per così dire etico-sociali, se non giuridici; occorreva cioè che fosse proporzionata ai motivi. In quei casi il popolo, o, meglio, la gente raccolta attorno al suicida perorante la propria causa teneva posto e vece di una Commissione tecnica o giudiziaria, cioè di un Tribunale secondo le proposte più recenti in riguardo all’eutanasia autorizzata.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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