Mori licet cui vivere non placet!
Un alienista Inglese qualche anno fa notava che i pazzi tentano spesso o consumano il suicidio, e diceva: "Poichè la Natura ha provveduto al modo di disfarsi di tali soggetti dannosi o inutili dando loro questa propensione a morire, non si dovrebbe contraddire gli sventurati nei loro propositi, anzi la Legge dovrebbe favorire per essi l’acquisto dei veleni necessari". È facile obiettare che questa facilitazione al possesso di sostanze mortifere creerebbe ben presto un grave pericolo sociale, in quanto ne approfitterebbero, più dei vogliosi di suicidio, i delinquenti assassini. Ma anche prescindendo da ciò, che sarebbe un non grande inconveniente e sempre suscettibile di prevenzione, c’è da domandarsi a chi spetterebbe il favoreggiamento di fronte ai propositi suicidi dell’alienato, se non ai famigliari qualora egli fosse ancora a domicilio, naturalmente sperando nel tacito consenso e nel passivismo del medico curante quando i parenti avessero pensato a chiamarlo (il che non sempre avviene!); oppure all’alienista, qualora il malato fosse già stato ricoverato in un Asilo o in una Casa di salute.
Il primo caso si vede abbastanza spesso, giacchè in generale i pazzi in casa sono mal custoditi e peggio vigilati dai loro famigliari, che sono quasi sempre restii ad accettare la diagnosi di pazzia e si rifiutano per lo più ad internare in tempo il malato. La comune ignoranza e sopratutto i pregiudizî che circondano le malattie mentali considerate come una vergogna e non comprese nelle loro forme lucide, spiegano la incredulità, associata talvolta ad ironia o a rancore, con cui si ascoltano i consigli del medico, e fino a un certo punto giustificano la frequente noncuranza domiciliare delle più semplici norme di prudenza.
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