L’art. 370 del nostro Codice Penale punisce chiunque istiga al suicidio o aiuta a compierlo, e così altri Codici stranieri; dunque, converrebbe domandare prima col Binet-Sanglé e col Binding la riforma delle nostre Leggi. Vero è che il pubblico si scuote quando viene a sapere di persone sottoposte a mali trattamenti, a violenze brutali, a tormenti morali, con lo scopo tacito o magari manifesto di spingere l’infelice vittima a suicidarsi. Ma ciò nondimeno la Legge trova in pratica gravissimi ostacoli per essere applicata anche in quei casi dove la malvagità della forzata suggestione risulta evidente. La stessa manchevolezza della Legge si scorge nel fatto abbastanza frequente di quelle coppie suicide, dove uno dei due riesca a sopravvivere; non è allora quasi mai applicabile una qualsiasi sanzione penale, sia perchè ha preceduto l’accordo fra i due, e perciò si prova o si desume ragionatamente il consenso della prima vittima, sia perchè in parecchi casi non si sa da chi sia partita la istigazione a morire di quella violenza.
Anche quando sia provato essere proprio il superstite (ordinariamente l’uomo nelle coppie di amanti o di coniugi) colui che provocò il più o men libero consentimento dell’ucciso, l’opinione pubblica, dimostrantesi attraverso il verdetto indulgente dei Giurati, frustra quasi sempre, con la scusante dell’infermità mentale, i criteri ben più severi della Magistratura giudicante. Del resto, i giuristi della Scuola positiva, con a capo Enrico Ferri, propendono alla indulgenza dietro la considerazione dello stato passionale, e quindi non libero psicologicamente dei suicidi.
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