Il Grispigni, occupandosi dell’uccisione del consenziente, è stato condotto ad esaminare, sia pur brevemente, il quesito giuridico se sia eventualmente disciplinabile nei riguardi del Giure la eutanasia, o, come egli dice, quell’"assassinat médical", con cui si vorrebbe sottrarre una persona alle sofferenze di una malattia inguaribile, producendole o accelerandone la morte. E premette anche lui che si tratta di "problemi gravi e tremendi, nei quali la circospezione e la misura non possono mai apparire eccessivi".
Di fronte a persone rese incoscienti dalla malattia o dalla avanzatissima età, e perciò non più in grado di darci un consenso psicologicamente netto e decisivo, il Grispigni crede che non vi possa essere che l’assentimento della famiglia, oppure una specie di giudizio statale pronunciato da un’Autorità all’uopo investita di questo supremo potere. Avverto intanto che nel campo della Neuropsichiatria, non solo ci mancherebbe sempre la giustificazione della volontà dei nostri pazienti, ma neanco potremmo dar molto valore morale e giuridico a questo "pietoso" assentimento dei famigliari, che così spesso vediamo disinteressarsi del loro infermo psichico e abbandonarlo all’Assistenza pubblica, sopratutto perchè idiozia e pazzia cronica sembrano una macchia da tenere a tutti celata per un falso amor proprio di casta o di casato. Ma su codesta questione del consenso della famiglia molto sarebbe a dire e molto direi se i limiti di questo volume lo permettessero; rammenterò soltanto che due sono i precipui aspetti giuridico-psicologici del "consenso" nel fatto in questione e dei quali una novella Legislazione dovrebbe tener conto:
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