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      Rilevo d’altra parte che qualora il Tribunale ed il P. M. giudicassero dannoso agli interessi della famiglia e quindi vietassero l’omicidio pietoso o il libero suicidio del paziente, questi sarebbe costretto dagli interessi altrui a sopportare ancora la vita coi suoi tormenti: in che allora gioverebbe l’aver proclamato il principio dell’eutanasia a benefizio di chi soffre? La felicità, o meglio, la fortuna (evidentemente materiale) degli altri, gli importerebbe l’obbligo di tollerare la propria infelicità.
      Per conto suo, il Grispigni ritiene che la coscienza etico-giuridica del nostro popolo non sia ancora tanto matura per attuare provvedimenti di tale portata. Anzi, dato che la scienza medica non è in grado di pronunciarsi sulla "inguaribilità" di certe malattie, egli si augura che la nostra Legislazione, prima di attuare una così radicale riforma dei Codici, attenda di conoscere e studiare i risultati di quelle altre Legislazioni che avessero voluto precederci. Ogni riforma del genere non potrebbe nè dovrebbe, secondo lui, effettuarsi se non in accordo con la coscienza pubblica che deciderà sulla sua opportunità.
      Io aggiungo, a tale proposito, che si potrà su di ciò giudicare dal sentimento pubblico piuttosto ostile verso chi istiga altri a darsi la morte, salvo i casi suaccennati di coppie consensualmente suicide, massime per amore, cui non si nega simpatia; delle quali però il sopravissuto al tentativo, che più non lo ripeta per riattaccamento egoistico alla vita, viene circondato da un certo sentimento di disprezzo e da cocenti sarcasmi.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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