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      E ancora più irta di difficoltà appare la pratica della Eutanasia medica nei casi molto meno tragici dei precedenti, quando si tratta di malattia dimostratasi inguaribile ed incurabile dopo un più o men lungo decorso, e quando il paziente domandi la sua liberazione. Vi è infatti dell’altro da dire sul valore psicologico di questo "consenso" dal punto di vista della responsabilità medica. Il desiderio di morte per dolori atroci potrebbe dileguarsi davanti alla morte stessa; come procedere allora a salvare chi si pentisse all’ultimo momento di averla domandata ed autorizzata? È come quando si salva dal tentativo di suicidio una persona che si è buttata in acqua per affogare, o si è stretto un laccio al collo per soffocare, o si è cacciata una pallottola nel corpo senza lesione degli organi essenziali; quasi nessuno di quegli scampati, che pur vedeva nella morte l’unico sollievo ai proprii mali o il solo refrigerio alle sue angoscie morali, riprende il tentativo, anzi spesso si riattacca alla vita con più calore. Che se il suicida salvato reitera il suo tentativo, l’opinione comune ne mette generalmente in quarantena la sanità mentale o ne giudica necessario l’internamento in un Manicomio o in una Casa di salute.
      Certo, molti, pensando alla possibilità di cadere in malattie assai dolorose, inguaribili, croniche, repugnanti, esprimono a sangue freddo ai loro famigliari l’idea di venire in allora soppressi; e il Régnault, ricordando il principio morale "Agisci verso gli altri come Tu vorresti che essi agissero verso di Te", ne trae la conseguenza filosofica ed etica che sarebbe umano soddisfare poi a suo tempo quel desiderio.


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L'uccisione pietosa (L'eutanasia)
In rapporto alla Medicina alla Morale ed all'eugenica
di Enrico Morselli
Editore Bocca Torino
1928 pagine 230

   





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