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Si tratta invero, come sostiene con caldo entusiasmo il Richet, di preparare e favorire la formazione di una Umanità superiore, più vigorosa, più sana, più bella dell’attuale nel suo somatismo, ma anche più sviluppata e perfetta nelle facoltà mentali. Dai tipi umani oggi viventi alla superficie del globo e di così dissimile sviluppo fisico, intellettuale e morale, bisogna con provvedimenti selettivi adatti far uscire un tipo sempre più eletto, sempre più capace di vincere le opposte forze di Natura; un tipo, cioè, in cui si assommino salute, vigoria e bellezza del corpo, intelligenza, carattere ed energie morali.
Per raggiungere questo scopo occorre effettuare una cèrnita fra tutte le razze o varietà umane contrastantisi il dominio delle terre e dei mari; e poichè senza alcun dubbio le più evolute nei riguardi del fisico, le più avanzate nei riguardi della mentalità, sono le così dette razze Bianche o "Leucodermiche", bisogna assicurarne il predominio, risanarne l’organismo, perfezionarne l’intelligenza; e ciò non si può ottenere se non a spese delle razze di colore, delle Gialle e specialmente delle Negre. Questo punto di partenza, della inferiorità assoluta delle razze colorate, è molto discusso; gli antropologi sono però convinti che una gerarchia naturale delle specie, razze e varietà umane realmente esista, e che i Negri, ad esempio, occupino nella scala il gradino più basso. Richet lo sostiene, è vero, di sfuggita, non essendo il suo libro rivolto a tale discussione, ma se ne possono vedere le prove in tutte le opere di Etnologia comparata ed anche nei miei scritti, nella Antropologia generale (Torino, 1911, Parte III e passim) e nella prefazione che anni fa feci al libro del Mondaini su La questione dei Negri nel Nord-America (Firenze, 1897).
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