Sono soltanto dei dilettanti e degli umanitari teorici, come Jean Finot, che propugnano la eguaglianza delle razze umane sotto ogni aspetto, fisico e mentale, ritenendole tutte analogamente perfettibili. Questo ottimismo etnologico si può facilmente concedere al Colaianni, quando sostiene la parità dei popoli inciviliti nella cerchia delle razze Leucodermiche, e specialmente fra Latini ed Anglo-Sassoni, di cui un falso ed avventato orgoglio teutonico, prima della grande guerra, pretendeva i primi subordinati ai secondi, e il Romanesimo inferiore al Germanesimo; ma tutti i veri competenti in Scienze antropologiche si accordano nel riconoscere che vi sono sulla terra, anche sotto il solo riguardo dello sviluppo fisico, delle razze o varietà umane protomorfe e delle arcimorfe: che dire allora delle disuguaglianze nel mentale? Si costruisce agevolmente coi dati fisio- e psico-etnici una gerarchia, con molte gradazioni, che comprender deve, non la sola Umanità vivente, ma altresì quella estinta.
Infatti taluni paleoetnologi reputano che dai tempi geologici (terziarii) in qua siano esistite e si siano diversamente sviluppate due Umanità: una stazionaria, quasi non perfettibile intellettualmente, dal tipo pleistocenico di Mauer e dal glaciale di Neanderthal agli attuali Pigmei, Vedda, Boscimani, Australiani, Negriti, Negri, ecc.; ed una eminentemente mobile e progressiva, dal tipo pleistocenico di Piltdown a quelli preistorici di Grenelle ed agli attuali Caucasici. Prescindendo da questa discussione, sta il fatto che se una selezione si vuole effettuare o iniziare, dovrà essere diretta a mantenere e a invigorire in tutta la sua purezza il solo Homo Europaeus (Mediterraneus e Nordicus), al più lasciandogli a fianco l’Homo Asiaticus (Sinensis, Alpinus?
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