In Natura, così si dice, la lotta per l’esistenza elimina inesorabilmente tutti gli esseri deboli e gli inadatti; e se li toglie, per loro fortuna, ai dolori di una lunga infelicità, permette ai superstiti più forti e più idonei di perpetuare le forme e gli organismi sempre più evoluti e di perfezionare la specie. Ma applicando questa teoria alla Società umana, quale si è venuta organizzando attraverso le epoche storiche sino al grado attuale di Civiltà, si è portati invece a sostituire una selezione cosciente, di ragionata eliminazione e preferenza sui riproduttori, a quella puramente istintiva o meccanica che in Natura implica una crudele e spesso violenta esclusione delle sue vittime dal banchetto della vita. Se non che, i mezzi che l’Eugenica ha adesso a sua disposizione per diminuire, in seno alla Società civile, i soggetti asociali e per impedirne la propagazione, sono ridotti al loro ricovero in Istituti di Beneficenza, in Ospedali e Manicomî, o alla loro segregazione negli Istituti penali, Carceri, Riformatorî. Ma quasi tutte queste forme di prevenzione e di trattamento non raggiungono lo scopo, se non in riguardo dei vecchi, degli impotenti per vizî organici, e dei castigati con imprigionamento a vita: a tutti gli altri, lasciati liberi nelle loro famiglie, o resi a libertà dopo un più o men lungo periodo di segregazione, è concesso di procreare e così di dare alla luce, per le leggi dell’eredità patologica, altri esseri altrettanto difettosi o nocivi.
Gli eugenisti non hanno alcuna fiducia nelle influenze mesologiche; sono degli anti-lamarckiani decisi, in quanto ritengono che nè l’ambiente sociale nè l’educazione valgano a modificare la costituzione originaria degli individui; negano, insomma, la ereditarietà dei caratteri acquisiti.
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