.. Come il suolo che non dà frutti se non è tormentato, così la nostra anima domanda l’intervento del Dolore per mostrare di che sia capace... Il Dolore nobilita l’anima, le impone della riflessione, la purifica, le serve di scuola, le mostra gli errori della strada percorsa, le scopre le vie nuove... E i popoli sono come gli individui: il Dolore li spiritualizza e li ingrandisce". È giusto; l’ultima Guerra ha spremuto dall’anima dei popoli Europei, colle sue immani sciagure, tutto ciò che essa conteneva, quasi a loro insaputa, di buono: il sacrificio, l’abnegazione, la solidarietà, la carità, la pietà, il civismo, il patriottismo, l’eroismo, la fede. Togliete il Dolore dalla evoluzione umana, e ne avrete arrestato il Progresso.
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Ai medici, in particolare, spetta un còmpito nobilissimo in questa educazione anti-egoistica e, direi, stoica del coraggio, in questa dignitosa rivolta dell’Uomo contro le inesorabili leggi di Natura. Tutti i più grandi deontologi, che trattarono dei doveri e diritti dei medici, a cominciare dall’epoca della stampa (molte opere dell’Antichità classica sul tema andarono perdute), cioè da Argenterio e Brassavola di Padova nel sec. XVI, da Tommaso Brown nel XVII, da Gagliardi, Ettmüller e De La Mettrie nel XVIII, ad Hufeland, Scoutetten, Littré, Peisse, Max Simon, Dechambre, G. Surbled nel XIX (il XX secolo se n’occupa, a dir vero, assai poco!), tutti senza distinzione, in maniera più o meno aperta, hanno escluso che il medico possa in qualsiasi modo alimentare nei propri ammalati l’idea del suicidio; e ciò anche quando la Medicina non aveva i mezzi che ora possiede per togliere il dolore.
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