Che non ci si meravigli dunque di apprendere che tale mansione ci è tuttora domandata abbastanza spesso, con una ostinazione, con una perseveranza che mettono a dura prova la coscienza del medico. Anzi, vi son persone sane che vogliono essere munite di mezzi di suicidio per il giorno in cui dovessero cadere in malattie dolorose o irrimediabili.
Se vi son malati che si posson sostenere svegliandone la energia di carattere, altri ve n’ha che è meglio attaccare per la via del sentimento. Così la religione può diventare, sull’iniziativa del medico, un mezzo di sollievo; giacchè non bisogna dimenticare che qualsiasi rimedio valga ad alleviare, entra negli obblighi dell’uomo dell’Arte... Prescindendo dalle dottrine filosofiche o dalla religione, la voce del sentimento ha più maniere di farsi intendere. Un’anima elevata comprenderà qual piccolo incidente sia la sua miseria particolare nell’immenso, desolante spettacolo delle miserie umane; e come siano ben più da compiangere coloro la cui malattia abbia per corteo la fame, il freddo, le privazioni, la solitudine. Se il cliente è ricco, quello è il momento per fare appello alla sua generosità... Ma per la grande maggioranza degli ammalati, il mezzo più sicuro per smuovere i loro buoni sentimenti, è di dimostrar loro la più affettuosa devozione; sono le cure onde li si circonda; sarà l’assenza visibile di ogni ripugnanza per gli orrori della loro infermità...
Così, come appare giusto, doppiamente giusto [oggi diremmo umano] il precetto anti-ippocratico di Hufeland e di Max Simon, i quali insistono sul dovere del medico di non abbandonar mai il capezzale di nessun infermo col pretesto della sua incurabilità!... Non v’è oggi affezione incurabile in cui non si possa congiungere all’efficacia dell’azione morale, ora suggestionatrice ed ora riconfortatrice, quella più diretta e sicura d’alcuni agenti terapeutici contro il dolore; numerosi analgesici e la siringa del Pravaz sono risorse quasi inesauribili
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Arte Hufeland Max Simon Pravaz
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