Né potrebbe dirsi certamente che noi calunniamo l'uomo!
Chi non ha letto nell'Ecclesiaste il tipo ideale femminile che si era creato il piú savio degli uomini?
Chi non ricorda la condotta che S. Paolo comanda di tenere alla donna (vedi cap. II della prima epistola a Timoteo e cap. II della prima ai Corinti)?
Chi non sorride vedendo Rousseau sollecitarsi che le qualità, i vezzi, e fino le debolezze di Sofia calzino a cappello coi gusti e la natura d'Emilio?
E perfino fra i moderni filosofi, che pretendono alla fama di novatori, non vediamo noi lo spirito medesimo? Leggo in Auguste Comte che, il comando degrada radicalmente la donna; che una savia apprezziazione dell'ordine universale farà comprendere al sesso affettivo, quanto la sommissione importi alla dignità... Che il sacerdozio (dell'avvenire) farà sentire alla donna il merito della sommissione, sviluppando quest'ammirabile massima d'Aristotile «la forza primaria della donna consiste nel superare la difficoltà dell'obbedire» e l'educazione l'avrà preparata a comprendere, che ogni dominio, lungi dallo elevarla realmente, la degrada necessariamente.
Leggo Proudhon, ed a traverso i suoi mille paradossi, ed alla sua non interrotta serie di contraddizioni, veggo affacciarsi tratto tratto questi concetti: affinché il tipo femminile conservi le sue grazie ed i suoi vezzi, deve la donna accettare la potestà maritale (sic!). L'eguaglianza di diritti la farebbe odiosa, e trascinerebbe con sé delle deplorevolissime conseguenze, e, fra le molte a mo' d'esempio, la piccola bagatella della perdita del genere umano!
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