E dico veri o supposti, perché tutto ciò che è fuori dell'ordine e del giusto, se può per avventura favorire un piccolo e precario interesse, deve però alfine chiarirsi ineluttabilmente incompatibile ed ostile ai grandi e duraturi interessi dell'individuo e dell'umanità; per cui, se a mo' d'esempio oggi trovava assai acconcio il forte il diritto di conquista, trovandosi domani in faccia un piú poderoso avversario, era pur costretto a confessare essere ingiusto e precario il diritto della forza.
Ma questi riflessi sendo stati fatti dall'uomo un po' tardi, anzi da pochi uomini fatti anco al dí che corre, ne avvenne che le istituzioni di tutti i tempi si risentirono di quelle prevenzioni e pregiudizii a cui accennavamo; ed al tempo in cui viviamo è pur doloroso dovere confessare che ancora la forza è in onore, che diritti e doveri sono piú che parzialmente distribuiti, e che con una logica degna degl'interessi, piú assai che della ragione, si aggiunge debolezza al debole gravandolo di doveri, si aggiunge forza al forte circondandolo di diritti.
Laddove poi si consideri avere la legislazione come ogni altra istituzione ormeggiato lo sviluppo dei popoli ed i procedimenti delle civiltà, andranno necessariamente crescendo le meraviglie, trovandoci in grado e necessità di constatare la universale incoscienza della giustizia.
Ma poteva egli essere altrimenti, dacché la filosofia non cercò e non istabilí una base generale di diritto, che soggiogando gl'interessi, ed ispirandosi ai principii, s'imponesse prepotentemente alla ragione, e si erigesse a coscienza universale?
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