Che il vedovo marito si crucci o meno, per il decesso della sua consorte, che piú o meno presto la scordi, poco importa alla legge; ma ciò che le sta a cuore sommamente si è, che la vedova non troppo facilmente si consoli del perduto protettore, ed a ciò efficacemente provvede nel § 145, dov'è disposto che «la vedova, contraendo nuove nozze, prima che siano trascorsi dieci mesi dopo la morte del marito, incorre nella pena della perdita di tutti i lucri nuziali stabiliti dalla legge, o stipulati col primo marito, non che di tutte le liberalità, che a lei fossero pervenute dal medesimo».
Notisi che quel vocabolo pena, di cui si serve la legge, supponendo una colpa, dichiara implicitamente criminose nella donna le seconde nozze; mentre il vedovo marito, erede della sposa defunta, è abilitato a scordarla innanzi sera.
Ecco come s'intende la legge alla reciprocanza ed alla mutualità; ed ecco come ella è coerente al suo § 125.
Ovunque vedesi la personalità della donna maritata affatto eclissata, ella non è che l'ombra del marito che la invalida, che la assorbe, che la annichila e dal quale non è emancipata neppur per la sua morte, non che pel caso di separazione di corpo e d'abitazione, nel qual caso, avendo ella la semplice amministrazione de' suoi beni, non può tuttavia senza il di lui consenso ed autorizzazione né alienare, né obbligare i suoi beni immobili, né stare in giudizio per azioni riflettenti li stessi suoi beni.
Quando si rifletta che, cessata colla legale separazione la comunanza degli interessi fra i coniugi, possono questi diritti del marito attraversare ad ogni tratto gl'interessi della moglie, subordinati quali sono ad ogni suo capriccio, ben si vedrà quanto la legge si solleciti del benessere della donna.
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