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      Eppure è questa la condizione, che si stima molto conveniente alla donna da Proudhon, da Comte, da Michelet, dal Gabba, dall'eccelso Senato e dal ministro, i quali al coperto da siffatti crucci, dicono alla donna ciò che quell'ingenua principessa, ignara che vi fosse una vera povertà al mondo, diceva al mendicante che l'implorava: se non sai di che mangiare, mangia pane e cacio.
      Sí, i legislatori prenderanno poi finalmente sul serio questo problema, che racchiude il segreto di tante miserie e di tanti dolori! Lo scetticismo può riderne, il pregiudizio può allarmarsene, l'egoismo può trascurarlo, ma un corpo legislativo, nella savia provvidenza del quale riposano fiduciosi gl'interessi di tutte le classi, non può declinarne lo studio e lo scioglimento senza tradire il proprio mandato.
      Affinché però non ci si accagioni di porre sul tappeto teoremi di non possibile attuazione e di agitare tesi insolubili, non intendendo di recare in massima nessuna limitazione al diritto ingenito di ciascun individuo al libero impiego della sua attività, e senza in nulla pregiudicare all'avvenire, ci sia permesso di portare la questione sul terreno pratico.
      Quante gestioni non v'hanno nei diversi ministeri, alle quali può la donna sobbarcarsi senza urtare di troppo le consuetudini del paese, senza discostarsi d'assai dai principii ai quali s'informa il progetto?
      Perché non potrà l'Italia aprire alla donna gli uffici postali e telegrafici come già fa l'Inghilterra?
      Perché non potrà l'Italia chiamare la donna all'esercizio delle professioni indipendenti, e, specialmente della medicina, che risponde cosí bene alla sua pietosa ed intuitiva natura e la salva dall'inquisizione virile, perpetuo oltraggio alla sua verecondia; e perché non potrà farlo, se già si fa negli Stati Uniti?


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La liberazione della donna
di Anna Maria Mozzoni
pagine 272

   





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