Come va che la famiglia democratica, costituita dal ministro, e che in fatto altro non è che la legale sanzione degli odierni costumi di tutti i popoli civili, non sia per nulla di gusto dei venerabili seniori, ai quali sorride ancor fresca e rosea, benché vecchia aggrinzita e sdentata, la domestica monarchia romana?
Vi sono delle analogie che ci trascinano malgrado noi, e delle quali non mancheremo di mostrarne al Senato il pericolo. Piú d'uno esaminando la relazione senatoriale potrebbe ragionarla cosí.
Nel suo contro-progetto il Senato si presenta all'Italia in un atteggiamento poco dissimile da quello del papato nella sua famosa enciclica.
Questo col suo immobilismo peripatetico-tridentino, e quello con la sua vecchia cariatide del Diritto Romano, che ormai i secoli dovrebbero aver rosicata, ambedue si presentano incompatibili colle nuove condizioni d'Italia e collo spirito della sua giovane generazione.
Il papato guarda con occhio cupido ed increscioso al medioevo; il Senato rimpiange le despote istituzioni del vecchio popolo-re, e sospira dolente di vederne impossibile la ricostituzione.
L'unica differenza, che riscontrasi fra questi due enti morali, che sono come due punti fissi nel moto universale italiano, si è che il Senato ci dà ad intendere di riformare, invocando le tradizioni del passato, il papato invece, piú logico assai e piú franco, dichiara di non volersi muovere a nessun patto, non illude sé stesso e non inganna nessuno. Che cosa rispondere a chi la ragionasse cosí?
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