Attente dunque lettrici mie, taccia l'orchestra, zitti la platea ed il loggione, silenzio nei palchetti, s'alza il sipario. La scena rappresenta... lasciamola descrivere dalla eloquente autrice.
«... il mondo vivente e palpitante... tutto da fare... la contraddizione essenza d'ogni fenomeno... s'interpone un abisso fra la teoria e la pratica; l'immortalità, l'ippocrisia regna per tutta la linea; cancrenati i vizii, rilassati i vincoli di famiglia e di sangue: scrittori che prostituiscono il nobile mandato al traviato gusto ed al traviato sentire del secolo e falsano la loro opera d'istitutori per la sola smania di veder stampato il loro nome (piano, Elvira nelle voltate) o per avidità di denaro».
Tutto questo a destra della scena; a sinistra poi:
«... cuori magnanimi per studiare, promuovere, condurre a fine sicuro le nobili aspirazioni delle moltitudini... difficilissima, tremenda epoca, epoca di transizione in cui gli animi dei molti oscillano incerti fra le crollanti credenze ed il sentito bisogno d'una rigenerazione, d'una religione che non inceppi le libere aspirazioni e i dettami della ragione. Le vecchie idee stanno di fronte alle nuove e combattono una gigantesca lotta. L'urto è possente, è sublime, la palma non è dubbia.» (A carte 12 e 13.)
Io - Non c'è che dire la scena è grandiosa e lo spettacolo assai promettente. Se non che mi permetterei di fare un'osservazione all'autrice, colla sempre debita riverenza. - Il libretto parla di mondo vivente e palpitante, di famiglia e di sangue, e non vedo però nella vostra scena rappresentati tutti gli ingredienti che costituiscono per l'appunto la famiglia ed il mondo vivente e palpitante.
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Elvira
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