... Ma che veggo io mai!... la mia povera Elvira, che ha gli occhi umidi e vi lavora sopra di fazzoletto? Vorreste dirmi cara mia, che cosa è stato?
Elvira - (piangendo) «Molti mali che noi lamentiamo sono inerenti alla nostra stessa natura; questi affrontiamoli con coraggio e sopportiamoli con animo invitto... La gloria per voi, o donne, dev'essere la sventura sempre e dapertutto, mitigar dolori, asciugar lagrime; essere buone e brave mogli, buone e brave madri.»
Io - Amen! Che Dio vi rimeriti le vostre pie esortazioni! Nella patria celeste! Frattanto, poiché siete cosí tenera d'occhi e di cuore, vorreste vedere di buttare insieme qualcosetta per acconciare un po' meglio queste donne? Perché vedete bene «una figlia del popolo che nulla possegga non può campare onestamente la vita, ella non ha davanti a sé che il ricovero di mendicità o l'asilo di vergogna». Deve, per dovere giuridico, alimentare all'uopo il marito ed i figli, e non ha accesso alle industrie di maggior retribuzione; nella famiglia nella società, nello Stato sopporta tutti i doveri e non ha da nessun lato godimento del diritto. Nei costumi, giovine, bella e povera, l'anima sua cosí fragile, cosí pusilla, pende perpetuamente fra un tremendo dilemma i cui estremi darebbero le vertigini alle teste piú salde, l'eroismo o l'infamia! Vedete, cosí non può continuare! pensate ciò che volete della sua potenza filosofica, politica e letteraria, cavate quelle conclusioni che v'aggradano dal peso del suo cervello, ma vedete di trovarle un po' piú di benessere.
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Elvira Dio Stato
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